Al Jeu de Paume fino al 28 maggio alla scoperta di Eli Lotar, Peter Campus e Ali Cherri

SempAl Jeu de Paume fino al 28 maggio 2017- l'insegna di presentazionere interessanti le esposizioni proposte dal Jeu de Paume. Fino al 28 maggio è di scena l’arte di tre artisti che hanno utilizzato l’obiettivo della macchina fotografica e della cinepresa per raccontare il loro mondo e le loro esperienze: Eli Lotar, Peter Campus e Ali Cherri.

♣♣♣  –  Entrato nel museo (Place de la Concorde – metro 1, 8 e 12), dopo aver passato i controlli, percorro dritto il corridoio e mi trovo nelle sale dedicate a Eli Lotar, fotografo e regista nato in Romania e naturalizzato francese. Si tratta di uno dei primi avanguardisti della macchina fotografica. Leggo che è nato nel 1905 e che è arrivato a Parigi nel ’24. È qua che sviluppa il suo talento e collabora con registi importanti come Cavalcanti e Buñuel.
Eli Lotar e la sua Nuova VisioneLa mostra ripercorre la sua carriera attraverso un percorso tematico che va dalla Nuova Visione al cinema documentaristico, passando per gli Spostamenti Urbani, Ritratti di luoghi  e Ritratti e Pose nel mondo dello spettacolo. A colpirmi sono subito alcuni scatti che ritraggono ombre o proiezioni di immagini. E poi ancora il dettaglio di oggetti modernisti, giocando con la messa a fuoco. Lotar vuole raccontare l’oggetto attraverso l’immagine che lui dà di sé stesso. Mi piace questo approccio creativo. Mi colpisce e mi fa proseguire interessato alla scoperta delle altre foto. Vedo fotomontaggi, e altri giochi con le immagini che ne testimoniano la grande intelligenza visiva.

Proseguendo diventa visivamente forte il contrasto con l’impegno sociale che intraprende verso la fine degli anni 20. Da una parte, come fotografo comincia a ritrarre la vita urbana, sviluppando una certa capacità realista con venature direi pessimiste e dall’altra in qualità di regista o esperto di cinepresa, realizza filmati e Eli Lotar e alcuni fotomontaggi di Arte Nuovacortometraggi al fianco di Buñuel, Cavalcanti… oltre a realizzare Aubervillers, un film girato nel 1945 in cui Lotar mostra il degrado e le difficoltà che nella banlieu a nord di Parigi i suoi connazionali vivevano. Le rimanenti sale a lui dedicate mi mostrano suoi scatti durante alcuni viaggi nelle isole greche, a Stomboli, in Bretagna e a Gibilterra e istantanee di music-hall, vedette del teatro e del cinema degli anni ‘30 e ‘40. Esco da questo spazio arricchito e soddisfatto. Eli mi ha parlato.

Salgo i gradini e al primo piano mi imbatto in Video ergo sum, di Peter Campus. Appena entrato nella prima sala, rimango spiazzato. Non capisco dove stia l’opera. Poi rileggendo il titolo dell’esposizione e rientrando negli spazi mi rendo conto che l’arte sta nella visione delle immagini che riproducono lo spazio attorno a me. Ci sono installazioni a circuito chiuso ideate negli anni ’70, che fanno leva ed esplorano il processo della percezione e della visione di ciò che si ha attorno.

L'arte di Peter CampusE così, in  Kiva, davanti ad un obiettivo sono posizionati due specchi sospesi da dei fili, che ruotando su sé stessi, rimandano alla camera l’immagine di sé stessa e dell’ambiente circostante e dei visitatori in modo spezzettato. Interface, confronta invece il visitatore alla sua immagine riflessa in uno specchio e contemporaneamente ripresa da una telecamera che la proietta sullo specchio stesso ma con un’altra angolazione. Anamnesis invece crea due immagini identiche con uno scarto di tre secondi l’una dall’altra. Il visitatore che passa e poi si ferma davanti all’opera si vedrà così raggiungere da se stesso qualche secondo dopo, fino a vedere sovrapporre le due immagini, se si sta immobili. Insomma un viaggio fatto di esperienze per conoscere l’artista entrando nelle sue opere.

Sono visibili inoltre sei video realizzati da Peter Campus, in cui l’autore mette in questione l’unità e l’integrità del corpo da una parte e al tempo stesso utilizza l’immagine come illusione. Tra la fine degli anni ’70 e il 1996 Campus si è dedicato alla fotografia: alcuni dei suoi scatti sono rappresentati più avanti negli spazi a lui dedicati.

Terzo artista ad esporre al Jeu de Paume è Ali Cherri, che si interroga sul ruolo dell’archeologia nei racconti storici. È presente unaAl Jeu de Paume fino al 28 maggio Somniculus - scena del video di Ali Cherri sola opera, ovvero un filmato di 14 minuti, Somniculus, in cui l’artista vuole esprimere la tensione tra la vita degli oggetti morti e il mondo vivo che li circonda. Il video alterna il sonno di un uomo con le immagini di pezzi d’arte e reperti archeologici, illuminati da una torcia da parte di qualcuno che cammina per le gallerie deserte e buie di musei parigini. Cosa succederebbe se togliessimo questi oggetti dal contesto di significato controllato che si è creato attorno ad essi?

Interessanti e pregne di concettualità queste tre esposizioni, fanno riflettere e stupiscono. La fruibilità non è immediata e semplice ma ci sono spunti che ho trovato interessanti.

Fammi sapere se ci vai e se ti è piaciuta.

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